La Salustia, libretto, Napoli, 1731

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 CLAUDIO ed ALBINA
 
 CLAUDIO
1060Presso le regie terme
 gran tempo è ch'io m'aggiro.
 ALBINA
 Ben sollecito fosti.
 CLAUDIO
                                    Ov'è l'iniquo?
 ALBINA
 Hai teco l'ire tue?
 CLAUDIO
                                    L'ire e la spada. (Cava la spada)
 Né vi sarà per lui scampo o perdono.
1065Ov'è?
 ALBINA
               L'hai già presente, e quello io sono.
 CLAUDIO
 Quello tu sei!
 ALBINA
                            Spietato, in questo seno
 de la congiura tua svena l'arcano.
 Che tardi? grave affar forse ti chiama
 ne le stanze d'Augusta, ove Marziano
1070t'attende, e i tuoi custodi?
 CLAUDIO
                                                  E come, o dei!
 tutto è noto a costei?
 ALBINA
 Dimmi, offesa e tradita
 vendicar mi potea
 se al tribunal de la feroce Augusta
1075accusava il tuo fallo?
 Ma il rimirarti estinto
 sotto un'infame scure
 non era gloria mia né mio riposo.
 Al mio ferro, al mio sdegno
1080la tua morte serbai: così richiede
 l'oltraggiato amor mio, la fé negletta.
 Difenditi se puoi, voglio vendetta.
 CLAUDIO
 Vendica pure o bella i torti tuoi:
 in vita mi serbasti,
1085uccidimi se vuoi.
 ALBINA
                                  Nulla mi devi.
 Stringi quel ferro, o il petto
 ti passerò, spietato.
 CLAUDIO
                                      Io nol difendo,
 e a chi vita mi diè, morte non rendo.
 O bella; il dirò ancora, amata Albina,
1090viver non seppi tuo; tuo saprò almeno
 morir; piaga, trafiggi; eccoti il seno.
 ALBINA
 Quest'era la vendetta
 ch'io volea dal tuo core,
 morte non già, ma pentimento e amore.
 CLAUDIO
1095Rendimi l'amor tuo dopo il perdono.
 ALBINA
 L'amor? risolverò. L'alma sì tosto
 i suoi sdegni non cede.
 Voglio prova maggior de la tua fede.
 
    Voglio dal tuo dolore
1100prove di forte amore,
 e poi risolverò.
 
    A nuovo tradimento
 fa invito e dà fomento,
 chi facile dà fede
1105a un cor che l'ingannò.
 
 SCENA II
 
 CLAUDIO
 
 CLAUDIO
 Qual beltà, qual costanza
 tradiste, affetti miei! Ah, se la bella
 disprezzata ti siegue,
 tradita ti perdona,
1110vilipesa ti brama,
 renditi a tanta fede, ama chi t'ama.
 
    Benché sia forte il cor
 contro i tuoi colpi amor
 non ho più scampo.
 
1115   Se già per la beltà,
 che pene al cor mi dà
 d'amore avvampo.
 
 SCENA III
 
 Portici corrispondenti all’appartamento reale
 
 GIULIA, indi SALUSTIA
 
 GIULIA
 Dove misera me! dove raggiro
 il piè tremante! In questa
1120ben custodita soglia,
 parmi che sol rimiri ombre ed orrori!
 Ed una voce udir, che dica: «Mori».
 Me infelice! pavento! mi contristo!
 Vorrei... ma non so che. M'agito, fremo:
1125e in un sol traditor, mille ne temo.
 Ma sento le pupille
 da grave sonno oppresse. (S’asside)
 Qui per breve momento
 all'aggitato mio pensier, vorrei
1130dar qualche pace. A la custodia mia
 voi per pietà vegliate, o sommi dei! (S’addormenta)
 SALUSTIA
 Il vacillante piede
 sollecita qui trassi,
 per Augusta salvar dal padre irato,
1135che svenarla procura:
 eccola! oh! mia ventura!
 Augusta!... In cheto sonno
 tiene immerse le luci. Ah! come puoi,
 real donna del Tebro,
1140pace goder col tradimento al fianco?
 Da quante spade or ora
 trucidata sarai: già de' rubelli
 parmi una voce udir che dica: «Mori».
 GIULIA
 Quali voci funeste! Ah scelerata
1145machini contro la mia vita?
 
 SCENA IV
 
 MARZIANO colla spada nuda alla mano, parlando a’ suoi soldati
 
 MARZIANO
                                                     A tutti
 si divieti l'ingresso.
 GIULIA
 Ah! perfida trionfa.
 MARZIANO
 Augusta, il tempo è questo
 di vendetta o di morte. E che? pensavi
1150che stupido io potessi
 i miei torti soffrir? Tal è il mio sangue,
 che se all'onor del trono
 tu l'inalzasti ei n'era degno, e appena
 n'era lontano un grado. Or che l'ascese,
1155non è più in tuo poter far che ne cada
 senza gravi ruine!
 Era Augusta la figlia
 uguale a te nel grado e ne la sorte.
 Or questa abbia il ripudio, e tu la morte.
 GIULIA
1160Se con la morte mia render tu pensi
 a Salustia lo sposo ed il comando,
 superbia e fellonia mal ti consiglia:
 per Cesare, qui giuro
 morte a te, morte a' tuoi, morte a la figlia.
 SALUSTIA
1165Morte a la figlia? e quale
 nuova colpa è la mia furia spietata?
 Del genitore armata
 giustamente è la destra
 contro di te, che fosti
1170sempre nemica mia. Ma che? Tiranna!
 Dell'ira mia feroce,
 in questi casi estremi
 così oppressa qual son, paventa e temi:
 che se del padre il barbaro attentato
1175tu in me punir pretendi, io nel tuo figlio
 punir saprò la tua fierezza ancora;
 sì, farò ben ch'ei mora;
 e pria ch'io perda il padre,
 per gli alti dei qui giuro
1180morte a lui, morte a' suoi, morte a la madre.
 MARZIANO
 Or sì, che figlia sei
 degna di me! Sì sì, tutto perisca
 ma Giulia ne preceda ombra non vile.
 E a me l'onor del primo colpo...
 SALUSTIA
                                                           Ah! Padre!
1185Chi più offesa di me? chi più oltraggiata?
 Stanca da tante ingiurie
 è la mia sofferenza: anche a me un ferro
 per aver parte anch'io nella vendetta.
 A me l'offese mie punir s'aspetta.
 GIULIA
1190Tanto si tarda a dar la morte a un solo?
 SALUSTIA
 Padre, un acciar, tel chiede
 l'ira insieme e l'amor. (Marziano dà la spada a Salustia e ne prende un’altra da una guardia)
 MARZIANO
                                            Prenditi il mio
 o magnanima figlia. A me non manca
 di che armare il mio braccio.
 SALUSTIA
                                                       Or tu vedrai (A Giulia)
1195qual sia Salustia. Quella
 condannata al ripudio:
 quella, già imperadrice, e poi vil serva
 a la mensa, a l'aspetto
 di Roma tutta. Sì, con tuo rossore
1200vedrai, benché oltraggiata
 qual sia colei che tanto odiasti, ingrata!
 MARZIANO
 Mori o donna superba: alcun non veggio
 riparo al tuo destin.
 SALUSTIA
                                       Ben lo vegg'io,
 che del seno d'Augusta è scudo il mio. (Si volta colla spada verso Marziano in atto di voler difender Giulia)
 MARZIANO
1205Figlia, che fai?
 SALUSTIA
                              Ciò che virtù m'impone.
 MARZIANO
 Quel seno che difendi
 bolle d'odio per te.
 SALUSTIA
                                     Ma quello è il seno
 che diè vita al mio sposo.
 MARZIANO
 Lo sposo ella ti toglie.
 SALUSTIA
                                          Ella mel diede.
 MARZIANO
1210E con esso, d'impero ella ti priva.
 SALUSTIA
 Mi faccia anche morir. Tutte le offese
 non uguagliano il prezzo
 del suo gran dono.
 GIULIA
                                    (Io son di sasso).
 MARZIANO
                                                                     Eh! mora.
 SALUSTIA
 Le ferite e la morte
1215passeranno al mio cor, prima che al suo.
 MARZIANO
 Ah! figlia ingrata! or via
 ferisci questo seno.
 SALUSTIA
 Quel d'Augusta difendo,
 e non minaccio il tuo.
 MARZIANO
                                          Ma che? d'inciampo
1220sarà fanciulla imbelle
 al mio braccio guerriero? Un colpo solo
 il mal fidato acciar mi getti al piede. (Con un colpo fa cader la spada di mano a Salustia, e va poi verso Giulia)
 E tu mori, superba.
 SALUSTIA
                                       Augusta, prendi. (Si cava un stile dal seno e lo porge a Giulia)
 E con la mia, la vita tua difendi.
 MARZIANO
1225Oh! Dei!
 GIULIA
                    Perfido, indietro.
 Odio d'esser crudel, ma se costretta
 vi sarò, da quel cieco
 furor, che qui ti trasse,
 ti ucciderò sugli occhi
1230la figlia, e poi me stessa.
 SALUSTIA
                                               Eccoti il seno.
 Squarcialo pur, che tardi? Al suo furore
 sia vittima il mio core:
 troppo illustre sarà, benché inumana,
 la sua vendetta, se costar gli deve
1235il sangue d'una figlia. Ecco, ferisci,
 impiaga pur. Con ciglio asciutto, o perfido
 padre crudel, rimira
 l'innocente mia morte;
 ch'io per nulla doverti
1240in questo colpo orrendo
 la vita, che mi desti, ecco ti rendo.
 MARZIANO
 Ferma: pria nel mio seno.
 GIULIA
 Scostati traditore, o qui la sveno.
 Ho in pugno la vendetta e la difesa.
 MARZIANO
1245Quella e questa or mi manca
 che risolver non so. Sì, vegga il mondo
 cader col genitor la figlia imbelle.
 
 SCENA V
 
 ALESSANDRO con guardie e detti
 
 ALESSANDRO
 Fermati o traditor.
 MARZIANO
                                     (Perfide stelle!)
 ALESSANDRO
 Olà! fra lacci avvinto
1250sia quell'indegno.
 MARZIANO
                                   Iniquo fato hai vinto.
 ALESSANDRO
 Empio! quest'è la fé, quest'è l'amore
 che serbi al tuo monarca?
 SALUSTIA
                                                 Ah! genitore!
 GIULIA
 Che genitor! Furia crudel, spergiuro
 chiamalo pur. Tiranno
1255di me, del sangue suo, del suo regnante.
 ALESSANDRO
 L'empio di mostri e fiere
 si esponga al rio furor.
 SALUSTIA
                                            Ferma, o tiranno,
 tu il padre a me condanni?
 ALESSANDRO
                                                    Io lo condanno.
 SALUSTIA
 Ah no sposo, pietà.
 ALESSANDRO
                                     Pietà non merta.
 MARZIANO
1260E chi la chiede? e chi da te la brama?
 D'una barbara donna
 che oltraggiò il sangue mio, nemico io sono,
 né pietà, né perdono
 né da te, né da lei bramo; che giusti
1265son i miei sdegni e l'ire.
 SALUSTIA
 Augusta, o Dio!
 GIULIA
                               Non più: vada a morire.
 MARZIANO
 
    Sì, tiranna, fra dure ritorte
 lieto vado, che questo mio petto
 fiero aspetto di barbara sorte
1270né tua rabbia temere non sa.
 
    Vendicar ben sapranno le furie
 tante ingiurie, svenato, sbranato
 il tuo core inumano sarà.
 
 SCENA VI
 
 GIULIA, SALUSTIA e ALESSANDRO
 
 SALUSTIA
 E bene? Augusta è questi
1275il premio di mia fede?
 Questa o sposo crudele è la mercede
 che all'amor mio tu rendi? A te la madre
 io tolgo dal furor de' suoi tiranni,
 e tu a me ingrato, il genitor condanni?
 ALESSANDRO
1280Salustia, il tuo dolore
 è un stral che recide il viver mio:
 ma dell'augusta madre
 non è ingiusto il rigor, che far poss'io?
 SALUSTIA
 Dunque la tua pietà...
 GIULIA
                                          Dissi abbastanza.
 SALUSTIA
1285La tua virtù...
 ALESSANDRO
                            Non giova.
 SALUSTIA
 Rammentarti tu dei...
 GIULIA
 Non più, deve morir.
 SALUSTIA
                                         Barbari dei!
 
    Per queste amare lagrime
 figlie del mio dolore,
1290si doni al genitore
 la vita per pietade,
 o a me la morte.
 
    O premio un padre sia
 di quanto oprai per te, (A Giulia)
1295o cingano il mio piè
 le sue ritorte.
 
 SCENA VII
 
 ALESSANDRO, GIULIA
 
 ALESSANDRO
 Madre pietà!
 GIULIA
                           Come? Per un indegno?
 Per un suddito infido!
 Per un'anima vil, che la mia morte
1300già due volte tentò! Per un nemico
 del sangue suo, grazie Alessandro implora?
 No no figlio. S'esegua
 il tuo cenno real, convien che mora.
 ALESSANDRO
 Né de la tanto a te fedel Salustia
1305ti commove il martir?
 GIULIA
                                           Lo sdegno mio
 cresce al par del suo duolo:
 ma placarmi non so, se del fellone
 sparte non mirerò le membra al suolo.
 
    Se all'ultimo suo fato
1310tratto non è l'indegno,
 mai del mio cor lo sdegno
 placato si vedrà.
 
    Vanne; sua morte affretta;
 parlami di vendetta,
1315non chiedermi pietà.
 
 SCENA VIII
 
 ALESSANDRO solo
 
 ALESSANDRO
 O misera de' reggi acerba sorte,
 allor che duro fato
 aggita i lor pensieri e gli confonde!
 Che far degg'io? Lo sdegno
1320di genitrice offesa
 vincer non so! La pena
 d'innocente consorte
 placar non posso: e intanto,
 numi troppo tiranni,
1325veggo crescer ognora,
 al par dell'ira vostra, in me gli affanni.
 
    In mar turbato e nero
 del ciel, del vento all'ira
 il cor s'adira e freme,
1330l'alma agitata teme,
 risolvermi non so.
 
    Volgono il mio pensiero
 la madre e la consorte.
 Quella mi chiede morte,
1335questa pietà sospira,
 cieli, che far dovrò?
 
 SCENA IX
 
 Grande anfiteatro, nel di cui piano si vedranno varie fiere racchiuse per la morte di MARZIANO: numero grande di spettatori ne’ palchi di esso. Luogo magnifico, dove sedere dovranno ALESSANDRO, GIULIA, SALUSTIA, CLAUDIO e ALBINA
 
 GIULIA, CLAUDIO, ALBINA
 
 CLAUDIO
 Sublime eccelsa Augusta, i cui gran freggi
 adora il mondo, e Roma
 non coprirà giamai di fosco oblio!
1340Per quella in te sì rara
 magnanima pietade...
 GIULIA
                                           Albina, Claudio;
 abbastanza sinora e voti e prieghi
 a pro di Marziano
 meco adopraste; Cesare
1345impunito il delitto
 lasciar non vuole; in queste infauste arene
 ordinò la sua morte.
 ALBINA
                                        Egli già viene.
 
 SCENA X
 
 ALESSANDRO e li già detti
 
 ALESSANDRO
 Inclita madre: qui del rio fellone,
 che sovra la tua vita
1350osò portare i suoi pensieri, io vengo
 a rimirar la morte.
 Ma de l'afflitta mia,
 a te fedel, consorte
 degnati prima udir gli ultimi prieghi.
 GIULIA
1355Nulla a te sia ch'io nieghi.
 Venga: ma se del padre
 la vita ella richiede,
 parlerà invano.
 ALBINA
                               Ella qui volge il piede.
 
 SCENA XI
 
 SALUSTIA in atto piangente e detti
 
 CLAUDIO
 Ahi! vista!
 ALESSANDRO
                       Ahi! duol!
 ALBINA
                                            Mi fa pietade!
 ALESSANDRO
                                                                        Ahi come
1360si oscurò di quel volto il bel sereno!
 CLAUDIO
 Io manco in rimirarla!
 ALESSANDRO
                                            Io vengo meno.
 SALUSTIA
 Inclita madre, a le tue piante umile,
 ecco la più dolente,
 la più misera, afflitta e sventurata
1365donna real, che vide il Tebro... (Piange)
 GIULIA
                                                          Amica,
 alzati: a me già noti
 son del tuo core i voti, il genitore...
 SALUSTIA
 Deve morir, lo so! Grave è il suo fallo!
 Giusta la pena! Ei mora.
1370Ma se mai spenta ancora
 non è per me la tua pietà, se vive
 ancor per me del mio consorte in seno,
 deh! si conceda almeno
 alla mia fede, al mio dolor, che il misero,
1375non a la rabbia intiera
 di tutte queste orrende
 formidabili fiere, esposto sia:
 una solo l'assalga; e se da quella
 fatto in brani sarà, la tua vendetta
1380resta adempita. Ma se mai la sorte
 pietosa del mio duol, per non mirarmi
 d'ogni conforto priva
 farà mai ch'egli abbatta
 il suo furore, a me si doni e viva.
 ALESSANDRO
1385Madre. (Giulia resta pensosa)
 CLAUDIO
                  Augusta.
 ALBINA
                                     Al suo amore.
 CLAUDIO
                                                                A la sua fede.
 ALESSANDRO
 Questa a me non si nieghi
 estrema grazia.
 ALBINA
                               E misera mercede.
 GIULIA
 Figlio, de la tua sposa
 m'intenerisce il duol: quanto ella chiese,
1390già che Alessandro priega
 tutto Giulia concede, e nulla niega.
 Sia qui tratto l'iniquo. (Va a sedere nel palco)
 ALESSANDRO
                                            I numi o cara
 l'assisteranno. (Come sopra)
 ALBINA
                              Io così spero.
 CLAUDIO
                                                        I dei
 ascoltino i miei prieghi.
 SALUSTIA
                                              E i voti miei. (Vanno tutti a sedere sul palco)
 
 SCENA XII
 
 Al suono di orribil sinfonia, sarà introdotto MARZIANO nudo nell’arena
 
 MARZIANO
1395Implacabili dei! Dell'ira vostra,
 ecco, in me riguardate
 il più fermo bersaglio! Ecco di Roma
 il più temuto difensore, esposto
 alla rabbia crudel d'orride fiere;
1400sol per voler d'ingrata figlia... Ahi vista! (S’accorge della figlia)
 L'inumana pur qui, dell'empia stragge
 spettatrice dimora?
 Ah! dispietata figlia! (A Salustia)
 Vieni a goder de la mia morte ancora?
 SALUSTIA
1405No genitor; coraggio: a la tua destra
 una sol fiera si destina. Al suolo
 fa' ch'ella cada, e tu vivrai...
 GIULIA
                                                     Si taccia.
 Egli morrà, che i numi
 impunito d'un empio
1410non lasceranno il fier misfatto orrendo.
 Olà!
 MARZIANO
            Sì, diasi il segno: io morte attendo.
 SALUSTIA
 Padre...
 MARZIANO
                  Non più.
 GIULIA
                                     Disserrisi la fiera.
 SALUSTIA
 (Cieli pietà!) Padre, combatti e spera.
 MARZIANO
 
    Mostro crudele, orrendo!
1415Vieni; ch'io fiero e forte
 qui attendo il tuo furor.
 
    Vieni; che la mia sorte
 vuole, per tormentarmi,
 ch'io teco qui, senz'armi
1420cimenti il mio valor. (Al suon di trombe, siegue il combattimento di un leopardo con Marziano, da cui vien superato e ucciso: calano dal palco i spettatori)
 
 CLAUDIO
 Cadde l'orrida fiera!
 SALUSTIA
 Amico ciel!
 ALESSANDRO
                        Da forte
 superò il suo furor!
 ALBINA
                                      Grazie a la sorte.
 MARZIANO
 Vengano se vi sono. Io qui gli sfido
1425a provar del mio braccio
 l'alto valor, più fieri mostri ancora.
 SALUSTIA
 No genitor, d'Augusta il cenno adora,
 che a te vita concede.
 GIULIA
 Al tuo merto la dono, e a la tua fede.
 ALESSANDRO
1430E a me Salustia ancora, eccelsa madre
 rendimi generosa. (Giulia prende per la mano Salustia e la porta accanto ad Alessandro)
 GIULIA
 Ecco la mia difesa, e la tua sposa.
 MARZIANO
 Or che lo sposo e 'l trono
 a te figlia si rende,
1435del mio fallo il perdono
 è a me più caro.
 GIULIA
                                Di Salustia il merto
 fu maggior del tuo fallo.
 ALESSANDRO
 La sua virtude a vivere t'insegni
 padre men fiero, e più fedel vassallo.
 ALBINA
1440Regina, ti sovvenga (A Salustia)
 che Claudio...
 SALUSTIA
                            Mi sovvien. Cesare ascolta.
 Albina, che qui vedi
 in abito virile, il ferro e 'l tosco,
 scoprimmi amica: a lei
1445Claudio in sposo concedi.
 ALESSANDRO
 Aggiungo a le sue brame i voti miei.
 Claudio, Albina sia tua.
 CLAUDIO
 Con mio piacer, la destra
 a lei porgo fedele.
 ALBINA
                                   Io più non curo.
 CLAUDIO
1450Eterno amore al tuo bel volto io giuro.
 GIULIA
 Popoli, dell'impero
 ecco il sostegno, unito
 all'augusta sua sposa:
 voi la vedeste invitta; e voi vedeste
1455ceder tutto, ad un core
 dove con la virtù si unisca amore.
 TUTTI
 
    Ritorni al nostro cor
 la bella pace.
 
    E in noi del dio d'amor
1460splenda la face.
 
 Fine del dramma